sabato 27 aprile 2013

storie folli e senza senso

Ci piaceva camminare sotto la pioggia senza ombrello, era il nostro rito primaverile, una di quelle abitudini che ti danno sicurezza e che ti rassicurano sulla stabilità di una relazione. Non eravamo mai riuscite ad andare allo stesso passo, Sara sgambettava freneticamente a destra e sinistra senza andare mai avanti, io avevo il mio solito passo militaresco da 50 km all'ora. Sara aveva l'abitudine di guardare sempre dal suo naso in su, era una sognatrice, un'ottimista barcollante, scollegata dalla realtà e completamente immersa nella sua fantasia un po' folle ma sicuramente migliore del mondo circostante.

Ci penso un secondo

L'ennesima abitudine. Ogni volta che uscivamo insieme decidevamo un colore a testa, durante l'uscita eravamo obbligate a comprare qualcosa di quel colore, una maglietta una caramella, un cuscino per la casa.

La guardo sbigottita





La guardo, completamente cosciente di quello che dice, anzi fierissima delle sue parole, con lo sguardo di chi disprezza ciò che ha intorno e che ha sempre apprezzato, come se fosse una cosmopolita espertissima dell'attuale andamento del mondo quando l'unico paese extraeuropeo in cui aveva mai messo piede era nel villaggio italiano di sharm el Sheik. E sapevo che avrei dovuto fermarmi, ribattere a quanto di quel che aveva detto ritenessi sbagliato e assentire a quanto di giusto aveva detto. Ma non ce la facevo, era più forte di me, avevo la nausea di tutti coloro che sputano nel piatto in cui mangiano o hanno appena finito di mangiare. Così la guardai, in quegli occhi verdi un tempo veri e sorridenti

E me ne andai. E se dovessi dare una motivazione concreta al mio gesto, bè proprio non saprei cosa inventarmi.

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